Alta (N) (69.946716/23.186455, parcheggio del sito archeologico) è la nostra prossima meta. Giornata insulsa, ma poco male essendo dedicata allo spostamento. Il sito archeologico è molto più grande di quello visitato a Tanum e qui c’è un percorso su una passerella nel bosco con ben segnalate le rocce su cui ci sono le famose incisioni. A differenza di quelle svedesi, solo pochissime sono state evidenziate per essere immediatamente visibili, le altre bisogna individuarle, ma spesso con una certa difficoltà. Dicono che l'ideale sarebbe visitarlo al tramonto, con la luce radente di una bella giornata di sole: praticamente mai. La teoria che evidenziandole si rovinano mi trova parzialmente d’accordo: si sarebbe potuto evidenziarne qualcuna su ogni pietra, almeno quelle più consumate, in modo che guidi l’occhio a individuare le altre. Il tema prevalente di queste incisioni sono scene di caccia, di pesca o di qualche rituale. Nessuna dai contenuti pruriginosi.
Il sole (si fa per dire) era ancora alto, la giornata ancora lunga, perché non portarsi verso Capo Nord? Dopo Alta, si attraversa un incredibile, lunghissimo altipiano. La strada si snoda attraverso la tundra dall'affascinante desolazione, fatta di paludi, piccoli torrenti, con la neve ancora presente e branchi di renne che brucano la ruvida erba che spunta dalla terra nera. Eppure ogni tanto si vedono delle casupole e ci si chiede come i Sami possano vivere in posti simili: affascinanti oltre ogni dire, ma totalmente isolati per decine di chilometri e privi del conforto della pedana elastica. Abbiamo incontrato, sotto la pioggia battente, molti ciclisti talvolta in coppia altre in solitaria: una donna non giovanissima procedeva imperterrita sotto un diluvio in un tratto dove per chilometri non c’era nulla. Abbiamo incrociato stoici podisti con i loro pesanti zaini sulle spalle e una ragazza, sola, con lo zaino in un carrettino. In Norvegia, sia detto per inciso, le strade non sono quasi mai pianeggianti, tutt'altro, le salite sono spesso impervie con pendenze dell’8-10%. Su un valico c’era uno squallido mercatino fatto di baracche fatiscenti che avrebbe dovuto vendere prodotti tipici del popolo Sami: aveva un’aria trasandata e l’abbiamo ignorato. A quel punto, la gran parte della strada era stata fatta e non c’era ragione di fermarsi quando ormai mancava poco. Gli ultimi venti chilometri li ho percorsi con gli antinebbia accesi e i tergicristalli a manetta, fino al casello dove ti scippano 55€ per lasciarti parcheggiare 24 ore tra le pozzanghere senza alcun servizio. La meta è raggiunta.
Essendo ormai tardi abbiamo rinviato all’ indomani la celebrazione del rituale tipico di chi arriva fin quassù: foto, selfie, messaggini sciocchi, battute stantie. Tutta la fantozziana liturgia del turista fai da te, insomma. La cenetta, invece, è stata quella delle occasioni memorabili, con tanto di brindisi. Il giorno dopo con un vento polare, siamo nel posto giusto, e una temperatura di 2° abbiamo scattato un po’ di foto al bel panorama che si vede dall'alta scogliera e visitato il centro-museo. In una sala, su un grandissimo schermo, proiettano un breve ma interessante film sulla storia di Capo Nord. Una mostra davvero ben costruita lungo un percorso sotterraneo, ci fa conoscere anche le vicende dei primi scopritori di questa terra selvaggia e dei suoi più illustri visitatori. Una mattinata volata via velocemente. Siamo all’afelio del nostro viaggio, adesso comincia quello di ritorno. La prossima destinazione è Vardø (N), all’estremo limite della Norvegia, sul mare di Barents.
Arrivati a Lakselv (FI) sotto una fiaccante pioggia continua, abbiamo consultato il meteo e il responso dell’oracolo è stato raggelante, letteralmente. Nella zona di Vardo e Kirkenes, altro nostro obiettivo, le previsioni per i prossimi sette giorni erano funeste. Pioggia e neve con temperature tra i -2°/-4°. Rapido consiglio di guerra e drastica decisione: cambio di programma e direttamente a Rovaniemi, che sarebbe dovuta essere la meta successiva. Penso che da queste parti due giornate di sole consecutive siano considerate un avvenimento e un’eventuale terza venga salutata con ventuno salve di cannone. Lasciando Lakselv in direzione Inari (FI), il panorama comincia a diventare “finlandese”. I fiordi cedono il passo ai laghi, le tortuose strade e le lunghe gallerie diventano interminabili rettilinei con ripidi saliscendi da luna park che corrono tra sterminate foreste, paludi e acquitrini. È un panorama che rende bene l’idea degli spazi infiniti della Scandinavia e che conosciamo avendo visitato il centro sud della Finlandia lo scorso anno (diario “Piano B: Finlandia e Repubbliche Baltiche”). In circa 200 km. di ininterrotta foresta avremo incrociato, forse, una ventina di veicoli tra cui cinque o sei camper. Uno strano effetto, paragonandolo alla Norvegia e alle migliaia di camper visti tra i fiordi. Lungo la strada verso Inari, priva di centri abitati che assomigliassero pur vagamente a un paese, ci siamo fermati in un’area di sosta con un altro paio di camper e abbiamo trascorso una notte tranquilla in trepidante (sic) attesa di andare a cogliere un anticipo di Natale a Rovaniemi. Prima di Inari abbiamo attraversato i boschi spruzzati di neve che doveva essere caduta uno o due giorni prima. Il paesaggio è sempre caratterizzato da innumerevoli laghi e fitte foreste dalle quali sbucano spesso e volentieri esemplari di renne che, credo, vivano allo stato brado. Intorno non i sono case o strutture di alcun genere che possano far pensare ad un allevamento, cosa più plausibile nella tundra che in mezzo ai boschi, anche se sembra che i Sami riescano ad allevarle allo stato semi brado. Ho fotografato un esemplare con un palco di corna molto grande, prima che scomparisse nel bosco. Arrivati a Napapiiri (Circolo Polare Artico 66°33’07” N – 25°50’51” E) abbiamo passato la notte nel grande parcheggio della struttura che ospita Babbo Natale e tutto il caravan serraglio che gli gira intorno. Prima di arrivarci ho diffidato mia moglie che qualsiasi tentativo di coinvolgermi in estemporanee iniziative tipo foto con Babbo Natale, renne, letterine e simili, sarebbe stato considerato un atto ostile e avrebbe provocato una immediata e adeguata risposta. Tutto l’insieme è molto grande e lo stanno ancora ampliando, ma rimane deludente: a parte i prevedibili negozi dai prezzi scandalosi, del clima natalizio c’è ben poco. Sembra che a Natale si trasformi in una sorta di carnevale...
Quando meno te lo aspetti. Partiti prendendo la E75, siamo arrivati al confine con la Svezia e abbiamo proseguito con la E4. Una soporifera autostrada a tre corsie alternate (ogni tot chilometri si viaggia a una o due corsie, la cosa più bislacca che si possa immaginare) senza corsie di emergenza né aree di sosta. Ad un certo punto, in una radura a bordo strada separati da una recinzione, abbiamo visto due alci che brucavano tranquilli. Purtroppo è stato impossibile fotografarli, ma ormai non speravo più neppure di vederne. Abbiamo completato il trittico: balene, renne e alci, più un paio di cuccioli di capriolo. Gammelstad (S) (65.648139/022.029258 nel grande parcheggio del villaggio) è stata la nostra prima meta al ritorno in Svezia. Più di 400 casette rosse costruite per ospitare i pellegrini che arrivavano per commerciare e pregare nella bella chiesa medievale, ottimamente conservata. Le casupole, piccole e quasi tutte uguali, sono molto semplici e occupano la sommità di una collina. Assai modesto il rilievo architettonico, senza però che questo ne svilisca il fascino. Anche gli essenziali arredi ingentiliti da popolari suppellettili e le tendine a uncinetto, contribuiscono a rendere piacevole la visita a questo villaggio. La consiglio senz’altro.
Ci stiamo trasferendo verso sud e decidiamo di fare una sosta a Skellefteå (S) (64.752350/020.928348) per dare un’occhiata al Bonnstan, un villaggio che aveva analoghe funzioni di quello di Gammelstad, cioè ospitare pellegrini e mercanti che arrivavano in città. Le case sono meno numerose, ma sono state lasciate com’erano. Costruite verso la metà del ‘800, mostrano con orgoglio la loro vetustà che ne accresce il fascino. I tronchi ormai neri danno qualche segno di cedimento e alcune sono inclinate, cosa che le rende anche più interessanti. Sembra che molte di esse siano abitate ed in effetti abbiamo visto gente entrare e uscire. Non sappiamo se siano visitabili, non abbiamo trovato indicazioni in merito. Tempo ben speso. Sosta notturna in una grande stazione di servizio con alcuni colleghi.
Una meta che avevo inserito con qualche riserva è stata Falun (S) (60.601874/015.614442). Si tratta di una città che ha conosciuto un notevole sviluppo grazie alla sua miniera di rame. La voragine scavata per estrarlo, sembra l'inferno dantesco. È possibile visitare le gallerie, il museo e le strutture che ci sono intorno. In una di queste ci sono le foto dei bambini che tra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo consumarono la loro infanzia e la loro esistenza in questi terrificanti cunicoli. Si può ascoltare la toccante testimonianza registrata, da anziano, di uno di loro. Sicuramente una visita diversa dalle solite, ma che mi ha colpito. Sono contento di averla inserita nel viaggio.
Un sole pugnace è riuscito ad avere ragione delle tignose nuvole e Uppsala (S) (59.858999/017.632978 nell'angusto parcheggio sotto la cattedrale. Io ci ho passato la notte tranquillamente, ma non mi sento di consigliarlo: troppo sacrificato.) ci ha accolto con l’abito delle grandi occasioni, piena di sole. Bellissima la cattedrale con i suoi tre pinnacoli e le sue volte gotiche. Contende al castello, di scarsa rilevanza, la posizione dominante sulla città che ha nel suo centro, attorno alle rive del fiume, il cuore della movida cittadina. Imponente il Gustavianum e imprescindibile l’Università, la più antica della Scandinavia. Gamla Uppsala (59.897948/017.635668 Uppsala vecchia) si trova a nord della città ed è un sito con una serie di cumuli sotto i quali sono stati trovati i resti di antiche sepolture. A parte una piccola chiesa di discreta fattura, edificata in un luogo dove sembra ci fosse un tempio pagano in cui venivano compiuti sacrifici umani, non c’è nulla da vedere. A mio avviso deve la sua fama a questi sinistri trascorsi. Il piccolo porto di Sigtuna (S) (59.614475/017.715395 parcheggio del porto, con altri camper) ci accoglie con il bel panorama del lago stesso e delle barche ormeggiate. La Stora Gatan è l’invitante e pittoresca via principale fatta di vecchie case di legno colorate piene di vita e attività. Non è una rarità, ma tra le tante viste, è una delle più carine. C’è il più piccolo e grazioso municipio del mondo: due stanzucce, di cui una ancora con gli arredi e i quadri dei parrucconi che lo abitarono. Davvero unico. I ruderi di alcune chiese e le pietre runiche sparse nei parchi, rendono ancora più interessante la visita alla cittadina.
Al peggio non c’è mai fine. Di buon’ora giungiamo presso quel centro accoglienza profughi, che qualcuno con sadico umorismo ha definito campeggio, sull'isola di Långholmen (S) (59.320406/018.031410) a STOCCOLMA (S). È dotato di lavanderia su prenotazione dell’orario e del minimo sindacale, ma a noi tanto basta. Purtroppo non ha Wi-Fi, ma a questo si rimedia presso i centri informazione e non solo. Nei suoi grandi palazzi e nei numerosi musei ci sono la storia e le bellezze di questa città che gode di una incantevole posizione sulle numerose isole in cui si estende. Sicuramente colpisce lo spazio come scelta urbanistica. Gli ampi viali, i canali, le piazze e i giardini, contribuiscono a darle aria e luce. Il bel palazzo reale, alcuni interessanti musei, il magnifico galeone ritrovato quasi intatto in fondo al golfo in cui era affondato dopo appena un chilometro di navigazione, paradigma di una superbia punita; l’animatissima Gamla stan, le belle piazze Sergelstorg Kungstradgarden, con il moderno quartiere intorno. È davvero una gran bella città che merita una visita non frettolosa. Efficientissimo il sistema trasporti che tra metro, bus e traghetti collega rapidamente le varie zone urbane. Biciclette e mezzi pubblici sono quelli preferiti dai residenti, nonostante i frequenti acquazzoni che sembrano preoccupare solo i turisti. Unica nota stonata, non solo a Stoccolma, sono gli incomprensibili orari di apertura di alcuni musei o luoghi di interesse: dalle 12 alle 16 piuttosto che dalle 11 alle 14 e simili. Ragione per cui può diventare complicato visitarne più di uno al giorno. Comunque, una tappa obbligatoria.
Drottningholm (S) (59.323603/017.886568) non sembra essere tra le mete prescelte dai camperisti. Ci siamo arrivati a pomeriggio inoltrato e abbiamo faticato un po’ a trovare posto nel grande parcheggio vicino alla reggia e non c’era nessun camper. Abbiamo rinviato all'indomani la visita e trascorso la notte in solitudine, ma neppure il giorno dopo c’era qualcuno. Strano perché è una bella reggia, anche se come dimensione è decisamente più piccola di quella di Stoccolma. Sembrerebbe, anche per la cornice naturale in cui è inserita, una di quelle grandi ville che i capricciosi re amavano costruire per il loro buon tempo e i loro sollazzi, come il Palazzo Schifanoia di Ferrara, che già dal nome... È comunque molto sfarzosa e la famosa camera della regina un vero capolavoro. È inserita in un parco di 120 ettari ben curato ed è affacciata sul lago Malaren e le sue splendide isole. Una posizione fantastica. Intorno a questo bel lago dalle mille isole, di ville ce ne sono altre: una specie di Valle della Loira svedese. Ammirevoli il padiglione cinese e il teatro, che si visitano con biglietti separati. Il lungo pomeriggio trascorre ammirando la campagna svedese fino a Kalmar (S) (56.657599/016.346975, nel parcheggio vicino al castello con una dozzina di camper). Il bosco, sempre protagonista, cede con riluttanza ampi spazi alla campagna coltivata a cereali e presidiata da solitarie fattorie. Nel centro sud della Svezia la presenza umana è certo più marcata che nel resto del paese, ma sempre con discrezione e mai invasiva. A Kalmar il tempo, bello e soleggiato in questi giorni, ha virato decisamente al brutto e ha sempre piovuto. Quando sono partito il mio segno zodiacale era il Leone. Quando sono tornato ero dei Pesci.
Un castello in mezzo all'acqua, checché se ne dica, fa sempre la sua bella figura. L’interno, egregiamente conservato, è vivacizzato da giovani comparse che girano per le sale e il cortile in costume medievale. Uno studiolo, interamente rivestito di legno intarsiato, è davvero strepitoso. Molte sale hanno soffitti in legno lavorati finemente e anche gli arazzi sono pregevoli. Alle pareti i ritratti degli occupanti hanno sguardi fieri e indossano raffinatissimi abiti ispirati al rinascimento italiano e copiati dai quadri di Botticelli e Lippi. Sugli spalti i soliti minacciosi cannoni.
Ystad (S) (55.426794/013.813228, parcheggio nel porto con altri camper) è stata la nostra ultima meta. Si tratta della meno svedese delle città che abbiamo visitato. Forse quella in cui i segni della lunga dominazione danese e l’appartenenza alla Lega Anseatica, sono più evidenti. Poche le case di legno, molte quelle a graticcio, in particolare quelle vicine al centro e alla bella Mariakyrkan, una chiesa del XIII sec. dove intere vie sono formate da queste piccole case sbilenche che sembrano sfidare la gravità. Nella piazza e intorno alcuni bei palazzi di chiara impronta teutonica le conferiscono eleganza e originalità e ne rammentano l'importanza e l'opulenza passata. Direi che il giro chiude in bellezza.
Il giro della sola Scandinavia, purtroppo decurtato di un paio di tappe, è stato di 7.500 Km. circa: di tutti, ben pochi quelli noiosi. Trelleborg (S) ci ha riaccolto col medesimo completo grigio gessato dell’andata. E qui, sul molo dove si era alzato, cala il sipario su questo memorabile viaggio e su queste note. Ci accomiatiamo con uno struggente abbraccio dalla splendida Scandinavia: noi col groppo in gola, lei piangendo a dirotto. Ringrazio i miei venticinque lettori per la pazienza di avermi seguito fino in fondo.
Verona, estate 2017
Giuliano Banal
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