Il lungo tratto di avvicinamento si è svolto senza particolari problemi: la Felix Austria e la Germania ci hanno accolto con un sole splendido e un caldo africano e, nonostante i numerosi cantieri, abbiamo potuto procedere abbastanza spediti. Ci siamo imbarcati a Rostock (D) (54.15047/012.09894 piazzale di imbarco, si può anche dormire) con un cielo ostinatamente grigio che si è mantenuto tale anche a Trelleborg (S) (55.372551/013.147757 porto di arrivo e ripartenza) da cui siamo usciti in fretta per arrivare a Malmö (S), la prima vera tappa del nostro itinerario. Abbiamo trascorso la notte in un tranquillo parcheggio (55.57606/012.91340), non lontani dal lunghissimo ponte di Öresund, da dove con il 34, che fa capolinea nel parcheggio, si arriva fino in centro. Volendo, e forse sarebbe anche più comodo, ci si può spostare in uno dei tanti parcheggi intorno al centro commerciale a due passi dal celebre Turning Torso e magari passarci anche la notte in totale sicurezza (55.610747/012/981530). Anche se raramente le stravaganze architettoniche mi prendono più di tanto, devo riconoscere che il grattacielo mi ha impressionato piacevolmente, come l’insieme dell’intera area e il grande parco dove è ubicato. Anche il centro città fa la sua bella figura con quel mescolare antico e moderno che a me piace molto. Ho notato che non molti inseriscono Malmö nel loro itinerario, ed è un peccato perché merita senz'altro una sosta. Una della cose che mi ha sorpreso è stato un grande parco in centro nel quale siamo entrati per riposarci. In effetti è un luogo di riposo: quello eterno, però.
All'interno la gente passeggiava tranquilla nei vialetti tra le lapidi nel prato in mezzo ad alberi maestosi, come fosse la cosa più naturale del mondo. Io sono tutt'altro che appassionato di storie gotiche, ma vi garantisco che, per essere un cimitero, non ha assolutamente l’aria triste e lugubre che ci si potrebbe aspettare. Peccato che il bel palazzo del municipio fosse in restauro e interamente nascosto dalle impalcature, ma il resto del centro è godibilissimo. Interessanti gli affreschi nella cattedrale, cosa piuttosto rara nei paesi scandinavi o in quelli protestanti. Abbiamo anche avuto il nostro assaggio di pioggia svedese, cosa che ci ha offerto il destro per visitare la stazione in un bell'edificio del XIX secolo.
Partenza per Lund (S) dove ci siamo sistemati in un tranquillo parcheggio un po’ defilato (55.72066/013.19103). La severa cattedrale offre inaspettate sorprese: dalla cripta ricca di colonne di pietra attorno alle quali sono fiorite leggende curiose, come quella del Gigante Finlandese, oppure le belle ed enormi lapidi lavorate finemente e la stupefacente cupola sull'altare decorata a mosaico in stile bizantino che sembra quella di Ravenna. Una cosa più unica che rara da queste parti. Il museo all'aperto Kulturen consente di conoscere uno spaccato interessante del passato e del modo di vivere degli svedesi, dalle case agli interni con gli arredi e gli attrezzi dell’epoca. Davvero ben organizzato. Nel suo genere, è gradevole anche il candido palazzo dell’Accademia, in stile neo classico con qualche fronzolo di troppo. In centro ce ne sono altri dalle forme un po’ particolari tipo Castello di Neuschwanstein: sembra che fosse diventato di moda tra gli architetti del XIX secolo cimentarsi in stravaganze stilistiche che rompevano con le rigorose simmetrie del passato.
Se nel vostro itinerario pensate di includere l’interessantissimo sito archeologico di Tanum, vi consiglio di valutare una deviazione verso la graziosa Fjällbacka (S)(58.600133/013.190953) che dista solo una manciata di chilometri. Rimane un poco defilata, quasi una fiaccola sotto il moggio, ma vale la pena di scoprirla. Noi ci siamo arrivati dopo una lunga tirata sotto un ostile cielo grigio e con un fortissimo vento contrario, giusto all'ora di cena dove ci hanno accolto un limpido sole, evidentemente più caparbio delle nuvole, e un cielo con ampi scorci di azzurro, condizione ideale che ci ha indotti a rimanere nel porticciolo e cenare con la magnifica vista della baia e dei colori del tramonto sui tetti rossi delle case: molto romantico. Non volendo perderci l’alba, abbiamo trascorso lì anche la notte. Non ha nulla di particolare dal punto di vista architettonico o artistico, ma ha una posizione magnifica con il golfo protetto da piccole isole alberate ed è un bel borgo di pescatori, anche se adesso sembrano essersi tutti riconvertiti nel ben più redditizio ruolo di ristoratori. Le belle case, tutte di legno dai rilassanti colori pastello bianco, azzurro o beige, con le finestre senza tende da cui fanno mostra le immancabili abat-jour e i gatti o le cicogne in ceramica di rigoroso color bianco. I magazzini e le rimesse in riva al mare sono invece di colore rosso cupo e tutte sono raggruppate nel poco spazio che c’è tra il mare e la rocciosa collina che le sta alle spalle. Su tutto domina la massiccia chiesa protestante, situata sulla sommità del paese.
Dopo averla girata con calma ci siamo diretti alla vicina Tanum (S) (58.700465/011.340750), dove è possibile dormire nel grande parcheggio vicino al museo. Si tratta di un vasto sito archeologico in cui sono state ritrovate delle splendide incisioni rupestri sui massi che affiorano dal terreno, visibili compiendo un piacevole itinerario nel bosco che ricopre l’intera collina. La magnifica giornata ci ha consentito di visitarlo con calma e a fondo, come pure la ricostruzione di un villaggio dell’età del bronzo. Su queste ricostruzioni, in generale, ho alcune perplessità: vedere un signore barbuto che, il sabato e la domenica, se ne sta accovacciato e vestito di pelli a scheggiare amigdale ad uso e consumo dei turisti e magari dal lunedì al venerdì insegna all'Università Filosofia Teoretica, mi fa sentire un po' preso per i fondelli.
Visto che oggi Giove non è Pluvio e sembra essere dalla nostra parte, approfittiamo della lunga e ventilata giornata di sole per portarci in un paio ore fino a Oslo (N) (59.897590/010.769838). Uno spartano campeggio su un terreno ondulato che costa più dell’Hilton e offre meno della Pensione Mariuccia. Cara Norvegia, anzi, carissima Norvegia. In questo Paese costa anche chiedere “quanto costa”. Trattandosi di un viaggio di oltre un mese e per non sovraccaricarci oltre il ridicolo di indumenti, abbiamo programmato di sostare nei campeggi circa una volta alla settimana, giusto il tempo per fare il bucato: a Oslo sarebbe stato più conveniente riacquistarla nuova, la biancheria. Appena fuori dal campeggio con i bus 74 o 34 si arriva in centro a Jerbanetorget e da lì può iniziare la visita della città. Il centro è decisamente molto movimentato; ci sono praticamente tre centri commerciali in palazzi vicini su vari livelli che sono collegati tra loro da due ponti pedonali sotto i quali scorre un traffico abbastanza caotico. Molte le cose interessanti da vedere sparse nella città. La decantata cattedrale, che non è come sembra dalle guide, il venerdì apre dalle 16 alle 6 di mattina: forse organizzano dei pigiama party. Sarei curioso di vedere chi la frequenta di notte. Il palazzo reale è assai sobrio rispetto ad altri del genere che ho visto, ed è inserito in un parco pubblico più grande dei giardini reali. La mia impressione è che si tratti di una scelta precisa: si può fare il re anche senza tante ostentazioni di sfarzo. Molto movimentata la lunga ed elegante “via dello struscio” che lo collega alla cattedrale, con alcuni edifici del XIX secolo e qualcuno forse un po’ più antico. Di tanto in tanto le onnipresenti case di legno Ci sarebbero da visitare, oltre al Museo Nazionale, il museo vichingo e quello di Munch, un artista che apprezzo ma che riesco a prendere a piccole dosi, come Kubin o Schiele e tutti quelli che trattano l’angoscioso tema della depressione e delle fragilità esistenziali con toni così drammatici. Consigliato agli stomaci forti. Ordinati e curati i giardini, un lavoro svolto prevalentemente e non casualmente da donne, a cominciare dal Frognerparker. Cupo e severo il municipio dove si assegna il Nobel per la Pace, alle cui spalle partono i battelli che portano nelle isolette del golfo; dalla forma curiosa il Parlamento. Di cose da vedere ce ne sono e l’efficientissima rete di trasporti vi aiuterà a muovervi agevolmente. Chi ha problemi a digerire extra comunitari e Rom deve assolutamente venire a Oslo. Ce ne sono dovunque e da ogni provenienza e il centro è pieno di mendicanti che frugano nei bidoni della spazzatura, o addirittura li presidiano ferocemente, per recuperare le lattine e rivenderle. In confronto, da noi sono rose e fiori. Ce la siamo girata con comodo seguendo i suggerimenti della guida sotto un cielo ingrugnato e, pur non entusiasmandoci, non ci ha deluso. Cosa mi è piaciuto di più? La più improbabile delle amazzoni: una bellissima bionda che faceva la guardia davanti al palazzo reale, armata di un fucile mitragliatore con tanto di baionetta innestata e di un seducente sorriso. Quanto di meno marziale si possa immaginare.
Oslo è stata la base di partenza per la nostra scoperta della NORVEGIA, da cui siamo partiti armati di pinne, fucile ed occhiali. Fucile ed occhiali non ci sono serviti, ma le pinne senz'altro. Abbiamo sgranato un rosario di giorni di pioggia, non forte ma continua. Purtroppo, come temevamo, abbiamo dovuto rinunciare alla progettata salita sul Preikestolen e alla magnifica vista del Lysefjord dal Pulpit Rock: era una delle cose a cui tenevamo di più, ma il pessimo tempo ci ha fatto desistere, con nostro sommo dispetto. La prospettiva di camminare cinque o sei ore sotto la pioggia non ci è sembrata molto allettante. Una cosa del genere ci era accaduta lo scorso anno in Finlandia, moltissimi chilometri per niente. Almeno, stavolta abbiamo rinunciato prima di partire. Abbiamo visitato la chiesa in legno di Heddal (59.579647/006.822089) che, come altre già viste, è molto bella all'esterno e e di una candida semplicità al suo interno. Dipinti e sculture lignee sono piuttosto naif e riflettono una devozione rurale nella quale si mescolano la fede cristiana con le leggende norrene. Dentro è più piccola di quanto appaia da fuori, ma vale la pena di una visita. Quindi, invece di scendere verso il Preikestolen, abbiamo dovuto scegliere se arrivare a Bergen con la 40 passando da Geilo o prendere la E 134, da qualcuno definita “una strada da incubo”: forse aveva mangiato pesante.
È una splendida strada panoramica da cui si vedono vallate stupende, un altipiano con ancora la neve, i laghetti ghiacciati e delle spettacolari cascate a due passi dalla strada. Le capanne in legno che vedete nella foto, inserite in uno scenario da film, vengono affittate dai pescatori di salmoni. Innumerevoli le soste a fare foto e filmati e persino qualche ridicolo selfie. Peccato il cielo plumbeo, per usare un termine trito ma realistico. Lungo la strada ci siamo fermati a visitare anche la chiesa di Roldal (59.830976/006.822089). Deludente per essere quella che, secondo le guide, è tra le più antiche, ma a vederla sembra assai rimaneggiata. In ogni caso, alcune foto anche a lei, giusto per non inimicarci qualche santo protettore. Nottata sotto una pioggia battente nel parcheggio di un supermercato appena scesi dal traghetto che da Arsnes porta a Gjermundshamn, a cui si arriva prendendo la 551 dopo Odda e poi la 48: si risparmiano tempo e chilometri per arrivare a Bergen (N) (60.354209/005.358907) nel comodissimo c.s. con elettricità. Vicino, c’è la fermata del tram che fa capolinea in centro.
Colazione da Tiffany. Accompagnati da una insistente pioggerella, proverbiale da queste parti, siamo andati in centro e stavamo quasi per cedere alle tentazioni esposte sui banchi dell’animatissimo mercato del pesce, quando ho realizzato che me la sarei cavata più a buon mercato con un solitario: è maggiore il rischio di essere scippati da un mariuolo che ti vede acquistare il pesce che a prelevare col bancomat. Sicuramente zaini, ombrelli, giacche a vento non sono il corredo ideale per visitare una città e scattare foto, ma sono riuscito comunque a piazzarne qualcuna discreta. Molto pittoresca la Bryggen, coloratissimo quartiere di casupole in legno oggi recuperate al terziario, e gli antichi magazzini che si affacciano sul porto. La fortezza è certo da prendere in considerazione, così come la chiesa e i giardini. Abbiamo rinunciato alla salita con la funivia perché le nubi erano talmente basse da essersi mangiate metà della collina e così fitte da potersi fregiare dell’appellativo di nebbia. Potete inserirla nel vostro viaggio tranquillamente, non vi deluderà, anche se alla fine le tenere odi sulle pioggerelline di Marzo o nel Pineto avranno perso molto della loro fascino poetico.
[Le aree di sosta in Scandinavia e in Norvegia in particolare, meriterebbero un capitolo a parte e una visita obbligatoria da parte dei nostri amministratori locali ostili ai camper. Sono modernissime, attrezzate, pulite, accoglienti oltre l’immaginabile. Sono sparse ovunque e sono gratuite, cosa abbastanza rara da queste parti. In genere, quando è possibile, sono ubicate nelle posizioni più panoramiche e ci si può trascorrere anche la notte in sicurezza e tranquillità. Quando la posizione è particolarmente bella, è tutt'altro che raro trovarvi dei camper che tirano fuori tendalini e sdraio e vi rimangono anche più giorni. Per coloro che non rinunciano al campeggio, c’è solo l’imbarazzo della scelta: sono ovunque].
“Si sta tra i fiordi trafitti da un raggio di sole, ed è subito pioggia”. Non me ne voglia il valente Quasimodo per la rozza parafrasi della sua celeberrima ode, ma da queste parti è così. Partiti da Bergen, siamo giunti a Flåm (N) (60.864243/007.112068) accusando i primi sintomi della “Sindrome della talpa”: occhi semi chiusi e un vago senso di disorientamento alla luce del sole . Abbiamo percorso almeno la metà della strada sottoterra, ma la parte esterna è stata incantevole. Il percorso per arrivarci scorre ai piedi di scoscese montagne, da cui precipitano alte cascate. Poi, improvvisamente, si aprono in ampie e inaspettate vallate attraversate da rapidi torrenti che, esondando nei tratti pianeggianti, hanno formato dei piccoli laghi da cui escono per rientrare nel loro alveo e riprendere la corsa impetuosa verso il mare. Un paradiso per gli amanti del rafting. Sui prati e sui pendii più bassi pascolano piccole greggi di pecore piuttosto basse e tozze, ma che sembra diano un buon latte e della lana di pregio. Lungo il percorso, nelle molte aree di sosta, è facile trovare pullman carichi di turisti armati di fotocamere che riprendono l‘affascinante panorama. Fino ad ora abbiamo incrociato più camper che auto e non siamo in alta stagione. La attrattive di questo borgo sono la straordinaria Flåmsbana, che supera un notevole dislivello su una lunghezza di soli 6 km. su un totale di 20 km. e di essere all'apice di uno dei rami del favoloso Sognefjorden. Lungo il percorso della ferrovia ci sono anche delle fermate ed è possibile scendere o salire se si vuole percorrerne una parte a piedi o in bici. Lo spettacolo che offre è da brividi, in particolare la grandiosa cascata di Kjofossen e i 21 micidiali tornanti all'altezza di Nåli, che si inerpicano ripidi a fianco di una cascata di notevole altezza. In porto era attraccata una nave della Costa Crociere dalla quale sono sbarcati un esercito di giapponesi che hanno preso d’assalto il treno per l’imperdibile esperienza. Come noi, del resto. Abbiamo trascorso la notte in un’area di sosta (60.890306/007.148237) poco lontano da Flåm in direzione Borgund. Addormentarsi e svegliarsi sulla riva di un fiordo, di fronte a una cascata che sgorga dal fianco di una montagna dalle cime ancora innevate che si rispecchiano nelle sue limpide acque, non ha prezzo…per tutto il resto c’è la carta di credito. Se poi ci aggiungiamo che all'ora di pranzo ci siamo parcheggiati di fronte a un ghiacciaio (61.481717/006.745813) dalle incredibili sfumature azzurre, penso che giornata migliore non poteva esserci.
Aveva ragione un collega francese conosciuto in Danimarca qualche anno fa: nessun panorama vale quelli della Norvegia, perché qui tutto è panorama. Poco dopo Flåm , abbiamo imboccato il Laerdalstunnelen lungo quasi 25 km. Bisogna vederlo per rendersi conto di che opera si tratta. Giunti a Borgund (N) (61.048636/007814087) abbiamo visitato la bella e antica stavkirke e poi abbiamo proseguito verso Byrkjelo (N) prendendo un breve traghetto da Fodnes a Mannheler. Poi, costeggiando per un lungo tratto l’Innvikfjorden, su fino a Briksdalsbre (61.665038/006.819221) dove abbiamo cenato con davanti agli occhi il ghiacciaio e a fianco una poderosa cascata. Abbiamo trascorso la notte nel parcheggio immerso nel bosco, per poi fare, il giorno dopo, la facile escursione fino al ghiacciaio. Una giornata favolosa, cominciata bene e finita meglio. La lunga strada per arrivare fino a qui è un susseguirsi di interminabili gallerie, ma offre scorci unici.
Non amo i superlativi perché tendono ad essere fuorvianti, ma è difficile sottrarvisi in Norvegia. Ad ogni curva, cambia il panorama ed è un susseguirsi di cartoline ognuna più bella dell’altra. Cascate che sgorgano dalle pendici delle montagne, cime ancora innevate da cui scendono acque che ripercorrono millenari sentieri scavati nella roccia , torrenti che si diramano in rivoli tra gli alberi e i massi nelle radure, una vegetazione quanto mai varia, tappeti di muschio a ricoprire le rocce e lo spettacolo dei fiordi con le montagne riflesse nell’acqua. Hai voglia di rinunciare ai superlativi. A noi piace la musica, non solo ascoltarla, ma anche canticchiare in camper mentre si viaggia. Le più gettonate in questi giorni sono state: “Singing in the rain” di Gene Kelly, “Sono fuori dal tunnel” di Caparezza. Costruire strade in Norvegia deve essere stata un’impresa titanica: le montagne sono traforate come una forma di emmenthal. Non ho mai trovato una strada allagata, e non è certo mancata l’acqua.
Di buon’ora siamo saliti fino alla base del G!acier con una salutare camminata di poco più di un’ora. Il torrente che scende dal ghiacciaio compie balzi impressionanti prima di arrivare a valle. Lungo il percorso, nei pressi di enormi massi graffiati dal ghiaccio, un cartello indica il punto in cui arrivava il ghiacciaio 250 anni fa: si è ritirato in maniera incredibile, quasi dimezzato addirittura. Rimane sempre uno spettacolo imponente, però qualche considerazione sui mutamenti climatici certo la stimola. Ad un certo punto è comparso in cielo qualcosa di luminoso e mia moglie, che ha una memoria migliore della mia e ricorda ancora come è fatto, ha detto che si trattava del sole. Per me era un UFO. Dopo poco è scomparso. Potremmo avere avuto ragione entrambe.
Abbiamo quindi puntato verso la nuova meta, Geiranger, passando dalla mitica strada 60 del Dasnibba con i suoi impressionanti tornanti e le pendenze da brivido. Nella parte più in alto, prima di arrivare ai tornanti, c’è ancora la neve e e il lago è una luccicante lastra di ghiaccio. Il freddo è intenso, ma si apre davanti agli occhi una visione incomparabile. Un percorso punteggiato da innumerevoli soste. Quasi sulla cima, abbiamo incrociato una ragazza straordinaria che, su una bici stracarica, lo stava risalendo da Geiranger (62.100789/007.205178). Nel porto dove abbiamo dormito, c’erano all’àncora due navi che hanno scaricato una milionata di frenetici giapponesi che sciamano ovunque. Credo che nella madre patria ne siano rimasti ben pochi, sono tutti in Norvegia festosi e giulivi come scolaretti in gita: ogni volta che li vedo mi ricordano La Vispa Teresa. Rilassante giretto nei negozi di souvenir e carabattole varie del villaggio, per constatare che tutto il mondo è paese e che in ogni località a intensa presenza turistica, c’è sempre una volpe in attesa dei polli.
[Prima di partire ho acquistato una dash cam (presa su Amazon con 80 €) e, nei punti più interessanti, praticamente sempre, ho fatto delle riprese. Devo dire che è stata una buona pensata: il filmato, di buona qualità, rende molto di più l’idea del panorama rispetto alla foto avendo un angolo di ripresa di 170°. Ogni sera scarico quanto registrato nella giornata, in modo che quando la dash cam ha esaurito la sua memoria e ricomincia a riscrivere sopra, io ho già salvato quello che mi interessa. Il filmato, specie se in HD, assorbe molta memoria e vi consiglio di dotarvi di una scheda o una chiavetta da almeno 64 giga, ma meglio se 128, perché quella da 32 in dotazione rischia di essere insufficiente e sarebbe davvero un peccato perdere queste riprese].
Oggi splende il sole. Ci siamo fatti un selfie…e non dico altro. Ci siamo imbarcati sul traghetto che porta a Hellesylt (N) navigando lungo il Geirangerfjorden, uno dei fiordi più spettacolari con le sue innumerevoli cascate. Com'era verde la mia valle. La strada che porta ad Alesund è un susseguirsi di piccole e strette vallate costellate di fattorie. Un placido fiume le attraversa formando dei piccoli laghi. In taluni punti le case contendono il poco spazio sui ripidi pendii al bosco esuberante che ricopre le montagne e il panorama rende piacevole il tragitto. Un traghetto preso al balzo ci porta rapidamente sulle isole su cui si stende Alesund (62.476583/006.159021 un eccellente c.s. con corrente, docce pulitissime e persino la ricarica del gas, in riva al mare) che è un bijoux. Il disastro che l’incendio ha provocato quando ha distrutto la città agli inizi del ‘900, è stato l’occasione per ricostruirla in stile liberty e renderla un capolavoro. È delizioso questo stile gaudente e frivolo con suoi allegri fronzoli che, non a caso, ha caratterizzato un periodo chiamato “La bella epoque” così ben raffigurato da pittori come Boldini, Klimt o Toulouse Lautrec e terminato allo scoppio della più insensata delle guerre (ammesso che ce ne siano che hanno senso): quella del 1915/1918. A differenza del barocco, in cui la elaborata ricercatezza stilistica doveva suscitare stupore e soggezione ed era finalizzata all'esaltazione del potere laico o clericale, nel liberty a farla da padrone è la fresca eleganza sbarazzina che richiama alla mente donnine allegre e cafè-chantant. Poiché ci siamo persi l’arrampicata sul Preikestolen, abbiamo pensato di rifarci salendo fino al belvedere che domina Alesund. Si può raggiungere anche con una strada, ma poiché abbiamo deciso di arrivare “per aspera ad astra”, ci siamo eroicamente sobbarcati 420 gradini in ripida salita. Giunto alla terrazza senza fiato, ho visto, come Fantozzi, una ieratica figura benedicente che aleggiava sulla città e, dopo avere ripreso conoscenza, ho scattato delle belle foto al panorama sotto di noi. Le abbiamo dedicato più tempo di quanto facciamo abitualmente, ciondolando senza fretta tra le strade del centro. Escluderla dall'itinerario sarebbe imperdonabile. Per essere una cittadina di 50.000 abitanti, ha un municipio immenso, uno dei più grandi mai visti per città di queste proporzioni. In porto, le consuete enormi navi scodellavano migliaia di turisti che prendevano d’assalto i molti e raffinati negozi del centro. Un tramonto senza fine è stato il perfetto corollario di una memorabile giornata. Un’informazione: presso gli Uffici Turistici c’è Wi-Fi, basta chiedere la password, ma già lo saprete.
Lasciata Alesund, abbiamo preso la E39 (E136) e a Sjøholt abbiamo deviato verso Valldal e quindi imboccato la regina delle strade: la mitica 63 più nota come Trollstigen. Lungo la via è d’obbligo una sosta alla fragorosa e tortuosa cascata del Gudbrandsjuvet (N) sopra la quale si passa con una comoda passerella che attraversa il bosco ad alcuni metri di altezza. Uno spettacolo nello spettacolo. La quarantina di chilometri che portano alla sommità del valico sono stati percorsi a passo d’uomo perché era un continuo fermarsi ad ammirare la natura intorno a noi. In tarda mattinata eravamo sulla balconata che domina lo strapiombo da cui si vedono i celeberrimi tornanti e l’ennesima cascata sotto i nostri piedi. Quasi tutta la strada, compresi ovviamente i tornanti per scendere ad Andalsnes, li abbiamo ripresi con la dash cam e il risultato è stato superiore alle aspettative, come sul Dalsnibba del resto. Ovviamente, pranzo in loco. Ormai pranzare, cenare e fare colazione beandoci con scenari favolosi, sta diventando normale routine. Come disse il disinvolto Leone X: “chi ha fatto trenta, può fare trentuno” e, considerando che le giornate sono lunghe, senza fretta abbiamo preso la 64 in direzione Molde e quindi proseguito per Vevang. Visto che il tempo era nettamente migliorato e ben conoscendone la volubilità, abbiamo deciso di completare il tris delle “Tre Grazie” (le strade più belle) e di raggiungere anche l’incredibile Strada Atlantica (63.018558/007.365415 sosta notte in una delle tante piazzole panoramiche). L’abbiamo percorsa avanti e indietro tre volte prima di scegliere con quale panorama cenare: abbiamo optato per quello con vista da sud sul ponte più ardito e celebre del tragitto. Stiamo diventando viziosi.
A Kristiansund la nostra guida, pur allungando il brodo, non riesce a dedicare neppure una colonna intera. Decidiamo di fidarci e tralasciarla e puntiamo verso Trondheim (N) (63.447023/010.443744 nel consueto (per noi) e tranquillo parcheggio del supermercato Rema 1000. Dal parcheggio, con il bus 4 si arriva in centro in pochi minuti), e di dedicare a lei la bella e calda giornata di sole. La Cattedrale gotica viene definita una delle più belle della Scandinavia e lo confermo. Rivaleggia dignitosamente con le più belle di Francia. Di impianto cruciforme con degli interni molto elaborati, ha delle vetrate meravigliose e il portale è un capolavoro. Fare foto è vietato , ma non farlo è un peccato e per non avere peccati sulla coscienza ne ho scattate una decina, eludendo l’arcigna vigilanza di un indisponente pretino. Poi un giro nel quartiere di Bryggen tra le vecchie case in legno e i caratteristici locali e, infine, a fotografare dall'insolito ponte rosso le belle, coloratissime case sul canale. Questi vecchi magazzini portuali riflessi nell'acqua si assomigliano un po’ tutti, ma mi rimandano a vecchie immagini della fine dell’800 o dei primi del ‘900 e alle frenetiche attività che fervevano intorno ad essi e mi piacciono sempre. Un bel pomeriggio.
Piove spesso, ma non tutto il male viene per nuocere. Questa sera risotto con i funghi accompagnato da un freschissimo Pinot grigio. Mia moglie, donna di sbrigativo senso pratico, ha raccolto i finferli che sono spuntati sul camper e ha deciso di farne buon uso. Per le escargot, che sta amorevolmente allevando in una apposita gabbietta con tenera insalatina, dovremo aspettare ancora qualche giorno prima di gustarcele con la polenta, irrorate da un pregiato Valpolicella Superiore del 2013.
Oggi lunghissimo balzo verso le Lofoten, una delle mete imprescindibili di questo viaggio. Siamo partiti da Trondheim e ci siamo fermati a Mo I Rana (N) (66.306846/014.13)156) parcheggio c.c. Rema 1000. Siamo partiti col brutto tempo e siamo arrivati con un sole che ci ha fatto compagnia per tutta la notte. In Norvegia le strade non deludono mai. Finora devo dire che viaggiare è stato gradevole e poco stancante. Pensavo che questo lungo trasferimento sarebbe stato noioso e non avrebbe riservato grandi sorprese, ma in realtà ci ha dato modo di ammirare un'altra parte di questo bellissimo Paese. Le ripide montagne si digradano in più dolci colline e in ampi prati con delle belle fattorie. Boscose vallate percorse da fiumi tranquilli che speranzosi pescatori risalgono con silenziose canoe in uno scenario da cinema. Torrenti che si diramano per poi ricongiungersi abbracciando rocciose isole coperte da una fitta vegetazione. In un lago, un gruppo di isole mi ha ricordato quelle Borromee sul lago Maggiore. Un sole beffardo ogni tanto si faceva strada tra le nuvole facendo scintillare lo smeraldo dei prati bagnati. Più che chilometri abbiamo macinato emozioni.
[Abbiamo incrociato molte auto americane degli anni 50/60, persino un’auto della polizia con tanto di stemma da sceriffo e sirene. Era dell’Arizona. Ci è capitato spesso in Norvegia, ma anche in Svezia e in Danimarca ce n’erano molte. Sono ben tenute e perfettamente funzionanti. Un tipo di collezionismo assai diffuso evidentemente].
Partiamo da Mo I Rana con un sole splendido e un cielo manzoniano “Quel cielo di Lombardia così bello quando è bello...”.Per varie decine di chilometri, c’è un ininterrotto, immenso cantiere e anche se il contesto intorno è interessante, il fondale di ruspe, camion e sbancamenti non stimola la voglia di fare foto. Quando finalmente usciamo dalla zona dei cantieri e cominciamo a salire; il bosco rigoglioso cede il passo a piante rade e rinsecchite in ritardo con la primavera, fino a scomparire del tutto. Arrivati sull'altipiano del Circolo Polare Artico (wi-fi presso il centro) il panorama cambia completamente. Tra le ampie chiazze di neve ancora alta che comincia a sciogliersi, esigui rivoli si fanno strada sotto il ghiaccio e vanno ad alimentareruscelli più vivaci che scendono briosi verso la valle. È ancora molta la neve e, cosa che ci ha stupito, molte le casette sparpagliate in quella zona così isolata. Forse appartengono ai pastori Sami. Scendendo cambia il panorama e il bosco si riprende la scena e i torrenti la loro corsa frenetica. È uno scenario incredibile. Dalla strada che corre in quota si vede il fiume nel fondo valle scorrere tra gli alberi che arrivano fin sulle rive. I 200 km. che ci separavano da Saltstraumen ci hanno preso più di sei ore: eravamo sempre fermi a riprendere quello che ci circondava. Abbiamo anche incrociato un gruppetto di renne al pascolo al bordo del bosco che, evidentemente abituate, sono rimaste in posa a lasciarsi filmare e fotografare. Non ne avevo mai viste. Vederle tranquille nel loro habitat è una bella sensazione.
Pranzo a due passi dal celebre gorgo di Saltstraumen (N) (67.232791/014.620193, sotto il cavalcavia) che abbiamo potuto osservare dall'altissimo ponte durante la marea (tra le 14 e le 15) che si verifica ogni sei ore, anche se non è sempre uguale. A seconda dei periodi, la marea può essere più imponente e di conseguenza più spettacolare. Quindi ci siamo diretti a Bodo (N) (67.288359/014.620193, porto imbarco) per prendere l’ultimo traghetto delle 18.45 per Moskenes (Reine), nelle favolose Lofoten.
Alle 22 le Lofoten ci hanno accolto con un bel sole e un gelido vento sferzante. Avranno anche un clima mite, ma il vento mi sembra piuttosto aggressivo. Ci siamo diretti fino alla vicina Ä (N) (67.880181/012.978044 area sosta) e dopo esserci dati…il buon giorno, siamo andati a dormire col sole ancora alto. L’indomani abbiamo girato un po’ tra le casette rosse del piccolo borgo pervaso dall'intenso afrore del merluzzo messo ad essiccare su grandi rastrelliere. A parte la presenza di qualche inevitabile e gradevole negozietto, è rimasta esattamente quello che doveva essere anche in passato, stando alle vecchie foto che si vedono. Più grande e movimentata la vicina Reine (N). Molte case di ex pescatori ormai sono diventare bungalow da affittare ai turisti. Nonostante l’evidente rilevanza economica del turismo, non si notano i deleteri effetti collaterali tipici, come le consuete e orrende esplosioni di edilizia selvaggia. A vederli, sembrano sempre piccoli borghi di pescatori, magari con qualche locale in più. Il parcheggio è vicinissimo alle distese di teste di merluzzo appese e l’odore è insopportabile. Meglio in piazza dove c’è il distributore.
Oggi sosta tecnica dedicata alle grandi pulizie. Ci siamo fermati presso il Camping Fredvang (68.098890/013.161693, un prato pianeggiante col minimo indispensabile sulla brughiera davanti al mare, in fondo a un breve sterrato). Le isole col pelo. Sembrano rivestite di lanuggine queste aspre montagne dai colori bruno verdastri, ricoperte di muschio e di una coriacea erba che solo capre dalla bocca buona e dalla mandibola robusta possono trovare appetibile. Non molto alte, ma di aspetto massiccio con quei fianchi nerboruti, caratterizzano il paesaggio e lo dominano. Il mare ha i colori di quelli caraibici e la sabbia, di un grigio quasi bianco, è finissima e compatta. L’indomani ci siamo diretti a Nusfjord (N) (due parcheggi ben segnalati) che è davvero molto bella. A noi è piaciuta più di Reine, che non è certo da scartare. Inserita in una baia protetta, ha un pontile che corre tutto intorno al piccolo porto con le case colorate a fare da cornice in un contesto davvero molto gradevole. Su molte finestre ci sono nidi di aggressivi gabbiani che covano indisturbati. Con calma, passando anche sotto alcuni tunnel sottomarini e scavalcando il mare su vertiginosi ponti, siamo arrivati fino a Svolvaer (N) (68.234355/014.558872), una moderna cittadina con un comodo centro commerciale per eventuali rifornimenti, ma poco di più. Quindi avanti verso Andenes (N) (69.323567/016.117885 parcheggio sotto il faro, ma ce n'è un altro prima del paese con c.s.) dove abbiamo passato la notte. A qualche decina di metri, c’è una casa isolata dall'aspetto inquietante, apparentemente abbandonata, che ricorda vagamente quella del film Psyco, colonizzata da litigiosi gabbiani che hanno nidificato in ogni pertugio imbrattando tutto di guano. Le Lofoten e le Vesteralen sono davvero le gemme più preziose della Norvegia. Il panorama dei piccoli borghi di pescatori, delle distese di merluzzi messi ad essiccare, oltre a quello della natura, ne fanno un unicum davvero speciale. Il tempo, dopo avere minacciato, è passato alle vie di fatto e per qualche ora ci ha fatto tribolare. Il progetto, per oggi, era di vedere il sole di mezzanotte, ma non siamo riusciti a vedere neppure quello di mezzogiorno. Il giorno dopo, un gagliardo vento gelido ha continuato a soffiare a lungo, ma alla fine ha ripulito il cielo dagli ultimi veli sbrindellati di nuvole.
[Abbiamo incrociato moltissimi camper e tantissime moto, pur non essendo ancora alta stagione, ma anche parecchi turisti a piedi o in bicicletta con pesanti zaini, praticamente ovunque. In gran parte si trattava di norvegesi, a dimostrazione di un vivacissimo turismo Plein Air interno che spiegherebbe anche la presenza di molti grandi concessionari di camper e di un apparentemente spropositato numero di campeggi. Quasi ogni casa, fuori dalle città, ha un grosso camper o una roulotte parcheggiati in giardino e magari anche una barca. Molti, specialmente nelle case più isolate, hanno anche la pedana elastica: un divertimento da guerrieri Masai che favorisce una sorta di trance, in zone che, a parte la magnificenza del panorama, non offrono altro.]
Il mattino di buon’ora abbiamo prenotato un’uscita con un barcone per vedere le balene con la Hvalsafari, una serissima agenzia che rimborsa o prenota, gratis, per il giorno successivo una seconda uscita in caso di mancato incontro. Per fortuna sono mattiniero, perché alle 9,15 era già pieno, ed eravamo una cinquantina. La giornata era splendida e il mare tranquillo, per quanto può esserlo un oceano. Purtroppo le balene, a lungo inseguite con il sonar, giocavano a rimpiattino, e si sono lasciate ammirare dopo più di quattro ore di sballottamenti tra le onde. Una gita che doveva essere di 3 o 4 ore, è durata quasi sette e molti stomaci hanno dato forfait. Il freddo, in mare aperto, è intensissimo e a chi ha problemi di mal di mare consiglio di valutare bene prima di imbarcarsi, perché poi non ci sono pasticche che tengano. Ma quando vedi lo spruzzo e la barca si avvicina col motore al minimo, e si nota l’enorme dorso arcuarsi lentamente in una nuotata così plastica e tranquilla per un corpo tanto possente, per poi immergersi e salutare con la coda enorme prima di scomparire, tutto diventa secondario. Ne abbiamo viste tre, in posti diversi, grazie all'ostinazione del pilota che non si è arreso e ha insistito nella ricerca. Un’esperienza davvero unica. Tra parentesi: non ho idea di quanto renda una balena morta, ma di certo non rende poco una balena viva. Quando siamo tornati, ed erano ormai le 18, altrettante persone erano in attesa sul pontile e mi diceva la ragazza della reception che in alta stagione è meglio prenotare qualche giorno prima. Il costo è di circa 100€ a testa. Chiusa la parentesi. Al ritorno ci siamo spostati nel parcheggio con c.s. all'inizio del paese (69.303701/016.064617) sulla spiaggia ad ammirare il sole di mezzanotte, con quelle indescrivibili sfumature di luce e colori che solo i pennelli delle nubi, del vento e del sole possono creare. C’era più gente in spiaggia che sui camper. Un commiato migliore dall'arcipelago delle Lofoten – Vesteralen non poteva esserci.
Husøy (N) eccoci. (69.544984/017.670152 c.s. +w) Siamo partiti dal porto di Andenes e in poco più di un’ora e mezza siamo arrivati a Gryllefjord, nell’isola di Senja. Prima con la 86 e quindi con la 862 siamo arrivati a destinazione. Non sono due gran belle strade e alcune gallerie sul percorso sono degli antri tetri e bui da cui non ci si stupirebbe di vedere uscire un drago fiammeggiante. È una cosa che mi ha sorpreso della Norvegia, dove molte opere viarie hanno fatto scuola nel mondo. Le gallerie più rozze spesso sono anche stette, oltre che buie o, peggio, rischiarate con lumini da loculo. Se farle più larghe era impossibile, un po’ di lampadine potevano metterle senza sforzo. Fidandomi di alcuni suggerimenti che lo definivano uno dei più bei borghi della Norvegia, ho voluto visitare lo scoglio di Husøy : il contesto in cui è inserita è davvero molto suggestivo. Ci appare, scendendo dopo una curva, irrorata di sole e protetta da montagne aspre, sbozzate, dalle cime aguzze come amigdale e con ancora la neve negli anfratti meno soleggiati: un bel colpo d’occhio…ma nulla di più. Le solite case di legno, ma nessuna di particolare interesse. Un unico misero negozietto che funge anche da ufficio postale e una fatiscente pompa di benzina. Fine. Sorprende un’area di sosta per camper così ampia e ben attrezzata. Era sabato e non c’era nessuno in giro. Eravamo in quattro camperisti delusi, magra consolazione.
L’indomani imbocchiamo la 862, poi la 861 fino a Finnsnes e quindi la 86 fino al congiungimento con la E08/06 per portarci verso Alta (N). Una lunga tiratapercorrendo una strada tra fiordi e montagne da cui scendevano irruenti cascate. In un tratto ce n’era una ogni 20/30 metri, incredibile. Quindi sosta tecnica a Storslett (N), (Sorkjosen, 69.790183/020.947683 un po’ nascosto, presso un’officina) per riempire la bombola del gas presso un rivenditore che ha gli adattatori per gli attacchi italiani, ma che essendo domenica era chiuso. Se Gesù avesse raccontato ai norvegesi la famosa parabola dell’asino che cade nel pozzo nel giorno festivo, chiedendo: “Cosa fareste?” di certo gli avrebbero risposto: ”Impari a nuotare”. Alla domenica, qui, tutto si ferma e c’è da sperare di non avere bisogno di niente. Abbiamo passato la notte nel solito parcheggio del market Rema 1000, di cui siamo fedeli estimatori, aspettando il lunedì.
[In Norvegia usano prevalentemente bombole in vetroresina, ma hanno attacchi a baionetta o a vite come i nostri, ma più grandi e contrari. Ogni distributore vende bombole e ci sono anche quelli automatici, ma il problema sono gli adattatori. Alcuni rivenditori li hanno e possono, a differenza da noi dove è proibito, riempire le bombole. Naturalmente anche quelle di ferro. Non sono moltissimi, ma lungo il percorso classico se ne trovano. Ho alcuni indirizzi, fornitimi da uno di loro, che allego].
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Giuliano
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