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Riflessioni su questo strano periodo di pandemia

cesare gennaio2022

A metà tra una riflessione pubblica ed un’esortazione a me stesso: riflessioni su un periodo che sta mettendo alla prova ciascuno di noi ma sta anche portando alla superficie le contraddizioni nostre e del nostro modello di società.

di Cesare Tomasini

Il perdurare dell’emergenza Covid, comunque la si pensi in merito, sta sicuramente segnando la vita di ciascuno di noi in diversi modi. Qualcuno ha perso persone care o conoscenti a causa della malattia o della perturbazione che questa ha portato nel normale svolgersi dell’attività sanitaria di prevenzione o di cura: questo è stato certamente l’impatto più violento e devastante.
Oltre a questo però ci sono altri tipi di danno, tutti legati ad uno stress che non avevamo ancora provato e che i media mantengono costantemente a livelli molto alti: che si tratti di televisione, giornali, internet, social, tutto concorre costantemente a confondere e mandare i confusione la gran parte di noi. Personalmente ritengo che il danno forse maggiore portato dal Covid sia proprio la perdita di umanità e misericordia che si riscontra in tutti noi: siamo sempre arrabbiati, pessimisti, estremizziamo le nostre posizioni con un’aggressività che non s’era mai vista.

Cosa c’entra tutto questo con il plein air?

C’entra perché le vacanze, lo svago, il tempo libero sono da sempre la valvola di sfogo per chi come noi vive in una società organizzata dove il livello di prestazione e attenzione è necessariamente sempre molto alto. Forse non ce ne rendiamo conto, ma il nostro stile di vita occidentale, se da un lato ci ha liberato dallo spettro dei bisogni primari, dall’altro ci chiede una velocità di giudizio, scelta e cambiamento mai visto nella storia dell’umanità; se volete una prova, provate a guardarvi su YouTube un telefilm (che oggi si chiamerebbe “fiction”) degli anni ‘60 o ‘70 e vedrete che è lento, anzi lentissimo, con momenti di silenzio che oggi sarebbero inconcepibili.
Ecco, come è cambiata la società, così anche la nostra valvola di sfogo ne ha risentito; di più, oltre ad essere cambiata, subisce come tutto quanto l'effetto dell’emergenza Covid. In poche parole, avevamo una valvola e ce la troviamo parzialmente otturata: dobbiamo trovare una soluzione, una specie di “idraulico” mentale che ci consenta di ripristinare la funzionalità della nostra valvola.

Proviamoci.

Questo rimane un ambito vacanziero, quindi non spingo la riflessione sui livelli più alti: qui abbiamo tutti più o meno la stessa passione, ma questo non significa certo che si condivida la stessa filosofia di fondo, religione, visione della vita; sarà quindi meglio mantenerci “bassi”, continuando a parlare di passioni e hobby.
Detto questo, il primo punto di riflessione riguarda proprio le passioni che ognuno di noi ha: se avete avuto modo di conoscere la società centro-nordeuropea o quella nordamericana, alle quali noi mediterranei spesso finiamo prima o poi per assimilarci (ma perché?), sapete che spesso le persone coltivano hobby monotematici.

Le loro edicole pullulano di riviste di settore o, meglio, di nicchia, e così pure sono i loro blog e i raduni che organizzano, che si spingono fino a condividere “uniformi” o segni distintivi particolari. All’interno di queste sette moderne il totem, ovvero il feticcio da adorare e al quale sacrificare il proprio tempo libero, è spesso un prodotto specifico: per intenderci, abbiamo i motociclisti ma la setta è quella dei possessori di Harley Davidson o di Moto Guzzi o di Vespa o di BMW e via andando, magari focalizzandosi anche solo su un modello specifico del prodotto idolatrato. Più raramente il feticcio invece è un’attività specifica, che chiamiamo “lifestyle” per non farci mancare l'anglicismo che fa tanto chic; per fare un esempio, ci sono i pescatori che si dividono tra pescatori a mosca, in canoa, in mare sulla barca … non sono un esperto, lo confesso, ma credo che ci si sia capiti.
Ho fatto esempi a caso, ma si potrebbe farne quasi all’infinito: volete proprio che non ci siamo anche noi appassionati di plein air? In Germania mi è capitato di vedere raduni con persone che stazionano davanti al loro mezzo con nessun’altra velleità se non quella di poter mostrare orgogliosamente il proprio feticcio a chi glielo chieda, possibilmente un “fratello” possessore dello stesso tipo o modello di mezzo; in Italia invece ho assistito spesso alla gara del “chi ce l’ha più” grosso, potente o a quella del “chi ha visitato di più”.

Allora il nostro “idraulico mentale” non potrebbe essere il far nostra la locuzione “vanità delle vanità, tutto è vanità”, un testo scritto circa 2200 anni fa nel libro del Qohelet, a dimostrazione che poi alla fine l’uomo è sempre lo stesso? (il buon Bracardi avrebbe urlato “perché l’uomo è una bestia!”).

Quindi abbandonare i nostri feticci, non soffermarci sempre sul “mezzo” ma perseguire il “fine”: non importa che tipo o che marca o quanto è potente o quanti posti hai visto!

Conta come vivi, se sei contento di ciò che fai, se ti ricrea, e ognuno ha il diritto di ricrearsi come vuole se rimane nella legalità. Quindi basta modelli da seguire, classificazioni (lo dico io che classifico sempre tutto), gare, auto-imposizioni per piacere più agli altri che a me: sono sul divano a leggere un libro e il mio amico posta sui social la spiaggia stupenda sulla quale cammina? E chi se ne … , buon per lui e buon per me che sto facendo una cosa che mi soddisfa.

Raggiungere questo livello di consapevolezza di sé non è immediato né semplice; viviamo in una società che ci spinge all’estremo opposto per ragioni eminentemente economiche, se ci accontentiamo di ciò che abbiamo non faremo mai girare l’economia!

Ma quello di cui sto parlando non è l’anti-consumismo o la “decrescita felice”, è una cosa molto meno filosofica: si tratta semplicemente di educarci un passo alla volta, giorno per giorno, a non attendere di avere qualcosa per essere contenti, ma cercare di esserlo a prescindere. Poi ci potrà stare che faremo un acquisto, conquisteremo un oggetto, ma sarà un atto ben meditato che sicuramente aumenterà la nostra soddisfazione ma non ne costituirà la totalità.

Andiamo sul pratico: ho un camper vecchio, vorrei un modello nuovo per tanti motivi tra cui sicuramente molti hanno a che fare con affidabilità e comfort, ma nel frattempo che faccio? Rosico e non uso quasi più il mio mezzo? Lo vendo e rimango a casa sul divano? Oppure ne godo, nella consapevolezza che quando farò l’acquisto migliorerò tanti aspetti ma che la mia felicità non dipende dal quell’agognato camper? Anche perché quando cambierò il mezzo potrebbe pure essere che non abbia più tanti soldi per viaggiare e questo sarebbe davvero un autogol non indifferente!!
Vi propongo una seconda riflessione, questa volta non sul possesso ma sulle esperienze. Sicuramente ognuno di noi ha dei confini che vuole attraversare, dei luoghi che vuole vedere di persona, delle situazioni nelle quali desidera ritrovarsi perché percepite come appaganti o perché provate in passato e legate a ricordi piacevoli. Parlo in questo caso particolare di viaggi o di attività da condurre in luoghi particolari: tutti coloro che leggono queste righe immagino che abbiano una lista più o meno lunga di luoghi da visitare ed esperienze da vivere. Ma. Ma c’è una pandemia in atto, e questo rende più difficoltoso o, se preferite meno consigliabile seguire il proprio cuore e lanciarsi all’inseguimento dei propri desideri; non che non si possa fare, beninteso, però forse è meglio posticipare certi slanci.
Tutto questo lo possiamo vivere male, anzi malissimo: dov’è la nostra libertà?

Se non posso raggiungere il luogo dei miei sogni allora che ci sto a fare in ferie? Che senso ha aver organizzato tutto quanto e poi rinunciare per un maledetto virus? Diciamocelo chiaro e tondo: questi sono capricci infantili! Chi davvero ha una vita limitata nei suoi movimenti da malattie o da un handicap proprio o di un proprio caro, cosa dovrebbe fare? Allora cerchiamo anche in questo caso di affrontare la realtà in modo equilibrato: se c’è una certezza nella vita, questa è che vivere è un susseguirsi di rischi, da quando si nasce a quando si muore, e non tutto va sempre bene; poi noi siamo portati in modo naturale a vedere cosa non va, o non è andato come avremmo desiderato, e a dimenticarci o sottovalutare tutto il buono che abbiamo e continuiamo a raccogliere nella vita.

Allora proviamo a de-mitizzare i nostri sogni, fermo restando che certamente rimangono cose che “vorremmo” fare, e che faremo se ci capiterà l’occasione: è così necessario arrivare nel tal luogo, vedere il tal fenomeno, provare la tal esperienza? Non ci sono davvero alternative che ci permettano di godere un viaggio, anche qualora sia consigliabile rimanere, per esempio, in Italia? Tra l’altro abbiamo la fortuna di vivere in un paese meraviglioso che tutto il mondo ci invidia e che, soprattutto, ha una varietà incredibile di paesaggi e situazioni. Potremmo anche darci il progetto di scoprire meglio la zona che abitiamo da sempre, perché no? Lo scorso inverno eravamo in zona rossa e ne approfittammo per andare con il nostro camperino a visitare una zona rurale del nostro Comune: sapevamo che esiste, ci eravamo passati, ma non l’avevamo mai guardata davvero con gli occhi del turista: una scoperta!
Come per i mezzi, anche per le destinazioni il segreto è godere di quello che si ha a disposizione, invece di rosicare: abbiamo vissuto tempi migliori e forse non li abbiamo davvero valutati nella loro bellezza, io sono confidente che verranno anche tempi migliori, cerchiamo di rimanere sereni e trovare il buono di quello che abbiamo a disposizione!
Perché alla fine il meccanismo di fondo è il medesimo, ed è quello che ha sempre spinto la razza umana nel suo percorso attraverso i millenni: cercare qualcosa in più o un confine in più, è frutto dell’istinto di accrescere la nostra conoscenza e quindi di base una pulsione buona che è tale finché non viene utilizzata per fini economici, come è nel caso del consumismo.

Quindi non rinunciamo ai nostri progetti e ai nostri sogni, ma non rimaniamo apatici in attesa di chissà che cosa, cerchiamo di vivere appieno ogni momento della nostra vita. Perché, come scriveva John Steinbeck (“Viaggio con Charley”), “l’assenza di fatti distrugge il tempo”.

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